mercoledì 10 novembre 2010

RIFLESSIONI

Tornando dal lavoro milanese mi sono scontrato in questo paragrafo scritto da Alessandro Gogna e Italo Zandonella Callegher e contenuto nel libro LA VERITA' OBLIQUA DI SEVERINO CASARA.

Penso che queste poche righe possano essere esportate alla vita quotidiana.
Buona riflessione.

Matteo.


Letterature e film sono i modi moderni per raccontare ciò che una volta faceva il poema epico. In letterature e film siamo disposti ad accettare qualunque fantasia, anche la più sfrenata, dal pornografico al serial-killer, dal surreale al fantascintifico, alla condizione però che l'autore metta bene in chiaro che si tratta di opera d'invenzione. Ciò che non sopportiamo èl'accostamento tra fantasia e verità, come se questa commistione fosse il peccato più grande, il verò tabù di oggi. Non siamo più gli incantati ascoltatori dell'aedo che cantava l'Odissea o l'Illiade, dove realtà e fantasia erano una sola cosa: commenti storici, chiose ed esegesi ci hanno insegnato a dividerle. Non sopportiamo chi non vive dentro di sé questa opposizione precisa, ma osanniamo Roberto Benigni che recita così magistralmente la Divina Commedia da sfondare gli indici di gradimento. Perchè tutti abbiamo ancora bisogno della favola grandiosa, dell'opera d'arte che ci nutre di serenità ma è maturata nella sofferenza dell'azione.Si, è vero. Abbiamo ancora bisogno della favola, forse della finzione. Se ci pugna attribuirla a noi stessi (ma non faremmo male), non esitiamo ad attribuirla agli altri inventando fatti e aneddoti sul loro conto, seguendo gli stessi percorsi tortuosi della leggenda ma immiserendoli con la bava viscida di calunnie consapevoli o inconsapevoli. Anche se lo si fa per scherzo, è una delle peggiori violenze, ripugnante anche per l'insita codardia. Se riusciamo in un minimo di autocritica, riguardando indietro negli anni, c'è un aspetto per cui non si tornerebbe indietro volentieri e questo riguarda le mille chiacchiere scambiate con gli amici, nella sezione del CAI, al bar, in rifugio, a volte in bivacco. Non tutto era da buttare, anzi. Ma spesso c'era chi si vantava più di altri, chi raccontava non per il piacere di farlo ma per stupire o far ridere a tutti i costi. Qualcuno era più crudele di altri. E poi c'era la vittima, sempre assente, a volte perfino deceduta: colui che, consapevole o non, pagava il conto delle risate della compagnia.Si, non si tornerebbe indietro per tali bravate verbali: e possiamo pentircene. Ciascuno di noi può guardarsi indietro e ricordarsi di episodi che non gli fanno onore. Se non se ne ricorda è un fortunato, perchè nulla può scalfire le sue certezze. Fortunato per ora, perchè a lui ancora più grave sarà l'incertezza della fine.