venerdì 6 gennaio 2012

LINEE E CHIODI


Erano gialle e terribilmente scomode da usare. O forse eravamo noi, terribilmente convinti di saperle usare.
Gialle vive, con delle bordature fucsia e un odore di Yosemite che giungeva al nostro palato quasi ad istigare un sogno che forse in un futuro si sarebbe realizzato.
Non so come Livio si era procurato quel simpatico paio di staffe. So per certo che noi le avevamo guardate con occhi spalancati quando Eugenio (il fratello di Livio) le regalava ad Alfio. La vacanza natalizia ci aveva portato nell’Appennino Emiliano e la simpatica guida del Righetti era riuscita a convincerci che avevamo le capacità per giocare sui chiodi a pressione di Bismantova. Alfio ci prestò le staffe con la sua solita generosità che lo contraddistingue. Noi eravamo dei giovani Sassi vogliosi di scoprire l’immensità di quella Pietra che rappresenta forse l’unico punto di arrampicata dell’Alpe di Succiso.
La Donato Zeni con il suo passo del serpente, i suoi chiodi a pressione, l’immenso becco della sfinge e soprattutto la sua chiodatura originaria ci aveva catturato ancora prima di giungere al cospetto dell’Eremo che a ridosso di quelle pareti di Arenaria osserva numerosi alpinisti sognare.
Era la vigilia di Natale e la nostra voglia di giocare con quelle staffe era altissima. Non avevamo mai provato sino ad allora ma non so per quale motivo, eravamo sicuri di poterle domare. Arrivammo velocemente al passo del Serpente, un simpatico cunicolo che consente di guadagnare una piccola trincea situata a metà parete e quasi impossibile da individuare dai sentieri sottostanti. Qui notammo sulla sinistra dei vecchi spit con annodati diversi cordini e un vecchio rinvio penzolante. Il sorriso fu la prima cosa che notai sulla faccia di Luca. Quel simpatico oggetto abbandonato da chissà chi… e soprattutto da chissà quanto tempo doveva essere assolutamente nostro. Partii armato di staffe e ci saltai sopra testando il vecchio ancoraggio. Raggiunsi facilmente il rinvio e lo sventolai in faccia al mio compagno con la felicità che prova un bambino a scartare il suo primo regalo di compleanno. Continuai a salire sulla staffa, un gradino dopo l’altro, provando non poche difficoltà di equilibrio. Il mio peso unito alla verticalità della parete mi rendeva instabile. Ben presto capii che la protezione successiva era impossibile da raggiungere e lasciai tentare al mio compagno che osservava la scena con un’aria divertita.
Luca si arenò nel mio stesso identico punto e riponendo nuovamente in loco il fatidico rinvio ci calammo alla sottostante sosta e raggiungemmo per la prima volta la sommità della Pietra mediante la classicissima Zuffa-Ruggero.
Le staffe tornarono ben presto ad Alfio ma la voglia di sfidare il magico mondo strapiombante aumentava di giorno in giorno soprattutto leggendo le pagine di storia della Valle del Sarca.
Tornai altre volte a Bismantova ma sulla Donato Zeni non dedicai altro tempo.
E’ stato lo scorso settembre, in occasione di un corso di roccia che le lancette dell’orologio iniziarono a girare all’incontrario. Il sapore di quella via stava tornando vivo. Marco, Stefano e Thomas si fidarono (forse un po’ troppo) della mia voglia di riporre i nuovamente i miei polpastrelli su quella linea di salita e accettarono l’invito anche in funzione del fatto che erano incuriositi delle mie staffe attaccate all’imbraco.
Era il 17 settembre del 2011 e il passo del Serpente incise su di loro lo stesso sorriso che avevo avuto io quella vigilia di Natale.
Il rinvio aveva atteso ben 5 anni il mio ritorno e proprio mentre l’osservavo incuriosito un ragazzo impegnato sulla Zuffa mi chiese se ero intenzionato a salire la Donato Zeni ricordardomi che il tiro in artificiale si trovava al di là dello spigoletto di destra e che il rinvio era il segno tangibile di una ritirata da una variante di 6b.
Salii quei chiodi a pressione intervallati da fix mentre intorno a noi si sollevava leggermente il vento. Sostai proprio sotto il tetto della Sfinge e mentre i miei compagni di avventura salivano guardavo l’impressionante variante di A2 che sfida la gravità.
Guadagnammo la vetta mediante la via originale e la giornata proseguì tra le chiacchiere degli amici.
Il tempo passa e le persone, oltre ad invecchiare, crescono. I sogni mutano e la maturità consente di cambiare angolazione e scrutare con occhi diversi le cose. Un alpinismo da agonismo non m’interessa più. Dedico molta più importanza ai compagni di cordata anziché alle vie e in seguito ad un piccolo progetto mi ritrovo ad arrampicare alla Pietra con Paolo e Diego. Con loro nasce il desiderio di salire la Donato Zeni e di giocare con il vuoto del becco della sfinge. Diego è molto bravo con le staffe e ingolosito si lancia a capofitto nel vuoto. Con una velocità impressionante guadagna la vetta e subito dopo mi ritrovo a girare su me stesso nel vuoto catturando l’attenzione di qualche falesista della domenica. Paolo sorride e non perde occasione di immortalare le mie fatiche e… mentre m’appresto a guadagnare per l’ennesima volta quel pianoro sommitale tanto uguale ma sempre diverso, riesce a farmi sentire per l’ennesima volta felice.

1 commento:

nicola ha detto...

Capisco la metà della metà di quello che c'è scritto, ma il tutto trasuda di così tanta passione che sono rimasto incollato allo schermo. Bel post!