martedì 25 dicembre 2012

OSTINATAMENTE CONTROCORRENTE



OSTINATAMENTE CONTROCORRENTE
Un viaggio sulla via Elena Eleonora

di Matteo Will Bertolotti
Il silenzio domina questa mattina fredda e uggiosa. Le pareti di arenaria sono completamente avvolte dalle nubi e tutto assume un aspetto mistico e religioso. La macchina sale a fatica la strada, che oggi, appare più ripida del solito e che conduce al solito parcheggio a ridosso della Pietra. Lo spettacolo è come sempre unico e uguale. Lo spettacolo anche oggi è affascinante. Noi, piccole marionette, ne restiamo affascinati.
Ho perso il conto delle volte che quest’anno abbiamo arrampicato alla Pietra. Il luogo è piccolo ma ogni volta scoviamo sempre qualcosa di bello e fuori dagli schemi, che è in grado di catturarci.
I rovi che conducono all’attacco ci infastidiscono leggermente ma la nostra ostinazione perdura e Diego inizia a litigare con il camino della prima lunghezza.
Oggi è un giorno feriale e dalla sosta della prima lunghezza del Pilastro Kreuz, riusciamo a dominare l’intera vallata. Mentre Diego, in silenzio, controlla i vecchi chiodi a pressione della via Elena Eleonora tracciata anni fa da Stefano Righetti, Paolo ed io perdiamo il nostro sguardo nell’orizzonte e nella bellissima parete nord del Pizzo d’Uccello che non riusciamo a vedere, ma che è nitida nelle nostre menti.
Qualche falesista raggiunge il parcheggio e guarda incuriosito tre antichi cavalieri dell’artificiale che dondolano nel vuoto. Noi, intenti a ripulire la lunghezza da numerose scaglie instabili, ridiamo guardando due vecchietti che dopo aver tentato di salire la via degli Svizzeri, stanno scendendo a corda doppia (perdendo scarpette e moschettoni) lungo il canale percorso cento anni fa dal Voltolini.
Puliamo a dovere e dondoliamo a lungo. Tutto strapiomba e tutto sembra perdere senso. Oggi le prestazioni di Ondra non sfuggono neanche ai non interessati all’alpinismo e noi come risposta a tutto ciò, ripiantiamo con forza i vecchi chiodi dondolanti del Righetti che riposano nelle poche fessure presenti.
Dopo quattro interminabili lunghezze di corda siamo in vetta. Un urlo di gioia ci ricorda il piacere di sognare. Questa volta non c’è nessuno ad aspettarci. Nessuno a regalarci un sorriso. Nessuno a dirci che nel frattempo qualcuno ha resuscitato il Drago di Messner.
Sulla grande distesa sommitale siamo soli con le nostre emozioni. Un vento leggero raccoglie le nostre gocce di sudore e le se le porta via. Verso il mare. Verso l’infinito.
Scendiamo lentamente lungo il sentiero della Calanca. Diego e Paolo restano intrappolati dalla bellezza estetica di alcuni monotiri e decidono di regalare a quell’arenaria le loro ultime energie. Io invece approfitto di un comodo terrazzo per sedermi e perdermi nel mio io. In breve la voce lontana di Ginetto Montipò si materializza e dopo un breve saluto guardiamo insieme il sole tramontare.
I silenzi si mischiano alle urla di numerosi falesisti, che al termine di una giornata di lavoro, lasciano qui le loro ultime forze. Qui scaricano la tensione accumulata. La Pietra assorbe tutto e regala loro uno sguardo di speranza.
Il sole oramai è scomparso. La temperatura è scesa e persino i miei compagni di cordata hanno deciso che è meglio rientrare. Insieme scendiamo, chiacchieriamo e fantastichiamo una nuova salita. Insieme, tra poco, berremo una birra.



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