giovedì 28 febbraio 2013

IL SILENZIO DEI COLORI



IL SILENZIO DEI COLORI
di Matteo Will Bertolotti


Il termometro che da sotto la tettoia guarda gli inverni passare lentamente, questa mattina mi consiglia di ritornare sotto le coperte. All’ora in cui tutti ancora dormono la lancetta non ha raggiunto lo zero. Intorno a me tutto risplende grazie alla neve che nei giorni scorsi è arrivata sino in pianura. Ignoro il consiglio del caro amico e, carico di ferramenta e corde, scendo a fatica gli scalini stando attendo a non inciampare.
Il rumore di un motore che lentamente sia avvicina mi fa capire che il mio compagno di cordata anche oggi ha tenuto fede all’appuntamento dato. La radio sta trasmettendo una vecchia canzone di Ligabue quando, sicuri dell’avventura che stiamo per vivere, lasciamo il paese.
La Gardesana è completamente libera e frettolosamente ci conduce nella grande e solare Valle del Sarca. Arco di Trento con la sua gente si è da poco svegliata e un ragazzo con un maglione rosso, forse reduce da una serata in discoteca, ci chiede una sigaretta mentre lasciamo il bar, dove un caffè ci ha risvegliato.
Mandrea è un’imponente fascia rocciosa che si nasconde dietro il castello che sovrasta la città e che da secoli vigila su queste pareti e sulle formiche che le salgono. La strada ora è coperta di neve. In breve raggiungiamo il parcheggio, dove scopriamo di essere soli.
Anni fa, in questo stesso luogo e sempre con Luca scoprivo la valle. Ai tempi era per noi un mondo nuovo e una linea di fessure e camini cadeva sempre nei nostri desideri. Oggi è una parete strapiombante a catturarci.
Il vento ci ricorda che l’inverno non se n’è ancora andato e ci suggerisce un abbigliamento pesante.
Troviamo senza difficoltà l’attacco e lentamente iniziamo a salire. Con due lunghezze di corda siamo alla base del grande strapiombo. La progressione atletica ora mi scalda, mi rimette in circolo il sangue. Una protezione dopo l’altra mi consente di progredire anche se molto lentamente. Qui come nella vita supero le difficoltà che ho davanti. Non ho vie di fuga. Devo solo respirare e guardare in alto. Un passo. Un altro, e poi un altro ancora. Dopo circa mezz’ora raggiungo la sosta. All’improvviso si alza l’Ora; il vento che da Sarche soffia verso il lago. Qui il vento ci avvolge e questa piccola porzione di parete diviene infinita. Finalmente mentre recupero Luca, trovo il tempo per voltarmi e sbirciare dietro alle mie spalle. La neve e il silenzio che avvolgono la valle iniziano a dialogare con me.
L’amico mi raggiunge; scavalca la scomoda sosta e continua la sua salita verso il cielo.
Finito lo strapiombo, l’orologio ci riporta alla realtà. Le lancette non hanno risentito della temperatura rigida. In parete, a volte, si ha l’impressione che tutto si fermi, ma basta uno sguardo per capire che questa giornata è troppo importante perché possa essere lasciata a metà. Continuiamo a salire. Il giorno s’inchina alla notte quando oramai ci stiamo abbracciando sulle rocce terminali. In breve siamo al sicuro sulla strada carrozzabile che sale verso la piccola frazione di San Giovanni. Un pizzico di prudenza ci suggerisce che è meglio evitare il sentiero esposto che scende lungo la parete.
Ci incamminiamo lentamente lungo i 10 Km. che ci riportano alla civiltà, felici delle emozioni provate e condivise. Sopra di noi inizia a cadere qualche fiocco di neve e, il silenzio è interrotto solo da alcune macchine che salgono affannosamente verso una danza di bicchieri e bottiglie, noncuranti di due sognatori ancora estasiati.
Davanti a noi tanto asfalto. Davanti a noi una lunga e lenta camminata. 10 Km. per sognare ancora. 10 Km. per gustare con la dovuta calma le emozioni provate. 10 lunghi Km. per ripetersi che l’importante è bastare a se stessi. 10 lunghissimi Km. per parlare ancora di un sogno che lentamente prende forma.







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