lunedì 26 dicembre 2011

L'ELEGANZA ESTETICA DEL TRACCIATO


La possibilità di approfondire maggiormente la figura di Emilio Comici e quella di Riccardo Cassin mi è stata data ad inizio anno dall’Università di Bergamo che ha chiesto alla Scuola d’Alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata Libera Valle Seriana la disponibilità a tenere presso di loro una serie d’incontri sulla storia dell’alpinismo.

Indubbiamente si tratta di 2 personaggi chiave nell’epoca del sesto grado. Emilio Comici nasce a Trieste il 21 febbraio del 1901 e giovanissimo inizia la sua attività alpinistica dopo aver trascorso un decennio (1918-1927) nell’ambiente speleologico seguendo le tracce di Napoleone Cozzi (primo salitore in Civetta sia della Torre Venezia che della Torre Trieste).
Le prime salite si svolgono inizialmente sulle montagne di casa (le Alpi Giulie) e successivamente nelle dolomiti sino al 1932 quando decide di trasferirsi definitivamente a Misurina intraprendendo la professione di guida alpina. Nel 1939 è poi costretto a trasferirsi a Selva in Valgardena morendo un anno dopo in un banale incidente in falesia.
Comici è sicuramente l’apripista di quella fascia di alpinismo che porta il nome di “Epoca del Sesto Grado” e che racchiude una fascia che va dagli anni 30 agli anni 40. Da non dimenticare che in quegli anni il sesto grado rappresentava la difficoltà alpinistica massima ritenuta umanamente superabile. Insieme a Comici e Cassin vale la pena ricordare Raffaele Carlesso e Alvise Andrich.
Tra l’intensa attività di Emilio Comici figurano tre salite chiave:
1. La parete Nord-Ovest del Civetta (4-5 Agosto 1931). La via fu aperta con Giulio Benedetti percorrendola quasi esclusivamente in arrampicata libera. L’itinerario segue un percorso meno lineare rispetto all’adiacente Solleder ma con difficoltà notevolmente superiori.
2. La parete nord della Cima Grande di Lavaredo (13-14 Agosto 1933). Salita con Angelo e Giuseppe Dimai dopo diversi tentativi. La vera impresa di Comici però non è propriamente legata all’apertura ma al fatto che il 2 settembre del 1937 ripete la via in solitaria. L’alpinista triestino scriverà poi “Io credo per l’ardimento del concetto di affrontare una simile parete, per la continua esposizione, per le incessanti difficoltà, richiedenti oltre che una raffinata tecnica moderna di roccia, un tremendo sforzo fisico e psichico, di aver posto l’alpinismo italiano all’altezza che gli spettava. Questo era il mio sogno, la mia aspirazione: porre in testa l’alpinismo italiano sulle Dolomiti”.
3. Lo spigolo Sud est (oggi noto come spigolo giallo) della Cima Piccola di Lavaredo (8-9 Settembre 1933). Aperta con Mary Varale e R. Zanutti la via presenta difficoltà elevate sia in arrampicata libera che in artificiale. Comici stesso scrisse che senza la presenza di Mary Varale la salita non avrebbe avuto esito positivo.
Mary Gennaro Varale nasce nel 1895 ed inizia da giovanissima a frequentare la montagna. Fra il 1924 e il 1935 effettua notevoli ed impegnative ascensioni nelle Dolomiti. La fierezza unita alla forza di carattere che traspare dal volto della donna non rimase indifferente al noto giornalista sportivo Vittorio Varale il quale iniziò così ad interessarsi al mondo dell’alpinismo e a raccontare le grandi imprese degli alpinisti. E’ proprio grazie alla sua penna che l’alpinismo assume un interesse nazionale.
Il 2 luglio del 1931 Mary Varale in compagnia di Riccardo Cassin apre un nuovo itinerario sulla Guglia Angelina in Grignetta. E’ la prima nuova via di Cassin: “Anche se la via nuova è breve, l’emozione è sempre indimenticabile: è terreno vergine, sono rocce che dall’inizio dei secoli hanno subito soltanto il contatto con nebbia e pioggia, grandine e neve. Anche se il paesaggio intorno è familiare, il senso dell’esplorazione e della scoperta permane”.
Riccardo Cassin nasce a Savorgnano di San Vito al Tagliamento il 2 gennaio del 1909 e trascorre la sua infanzia con la mamma (vedova) e la sorella abitando a casa del nonno paterno. Nel 1926 è costretto per lavoro a trasferirsi a Lecco dove inizia una carriera di pugile che durerà fino al 1930 quando decide di dedicarsi unicamente all’alpinismo. Muore all’età di 100 anni nella sua casa ai Piani Resinelli ai piedi della Grignetta.
Le imprese di Cassin sono numerose ma una delle prime a far rumore nell’ambiente è la salita della Corna di Medale che compie il 12 agosto del 1931 con Mario dell’Oro detto Boga. Eugenio Pesci sulla Guida dei Monti d’Italia dedicata alle Grigne scrive “Certamente, benché inferiore tecnicamente a molte altre salite in roccia compiute nelle Grigne negli anni ’30, questa via deve essere considerata come una pietra miliare per la storia dell’alpinismo in Lombardia, con particolare riferimento all’apertura di itinerari su pareti di bassa quota o vicine ai centri abitati”.
Mary Varale riesce a trascinare in Grigna Emilio Comici che si dimostra prodigo di insegnamenti nei confronti dei lecchesi. Diverse sono le vie che vengono aperte in compagnia di Comici e la più famosa è senz’altro quella che sale lungo la parete nord dello Zuccone Campelli.

Per Riccardo Cassin però le Grigne rappresentano unicamente il terreno d’allenamento e ben presto inizia a tracciare nuovi itinerari anche in Dolomiti. La Torre Trieste e la Piccolissima di Lavaredo sono solo alcuni esempi di tracciati logicissimi che oggi sono diventate delle classiche che non possono mancare nei curriculum degli alpinisti.
Dal 28 al 30 agosto del 1935 Cassin aprirà in compagnia di Vittorio Ratti uno straordinario itinerario lungo la parete nord della Cima Ovest di Lavaredo. Grandi alpinisti (tra cui lo stesso Emilio Comici) avevano già tentato di vincere la parete ma tutti si erano arrestati all’inizio di un lunghissimo traverso verso sinistra di oltre 90 metri. Cassin e Ratti non si arrendono e alla fine hanno la meglio. Al rientro a Lecco gli alpinisti saranno festeggiati a gran voce da tutta la città.
L’affiatamento con Vittorio Ratti è notevole e in compagnia di Gino Esposito Cassin dedica le sue attenzioni alla parete nord-est del Pizzo Badile che da tempo viene bersagliata di tentativi. Alla capanna Sciora, dove gli alpinisti si appoggiano in attesa del bel tempo, sono presenti anche due alpinisti comaschi: Mario Molteni e Giuseppe Valsecchi. Nonostante in rifugio aleggi uno spirito di condivisione alla prima finestra di bel tempo Molteni e Valsecchi partono senza avvisare i lecchesi per l’attacco. Cassin e compagni attaccano a loro volta la parete lungo un itinerario differente. Dopo una giornata d’arrampicata i comaschi chiederanno ai lecchesi la possibilità di formare un’unica cordata. Cassin all’inizio è titubante ma poi accetta. Il maltempo però si scatena e porta gli alpinisti allo stremo delle forze. Molteni e Valsecchi moriranno durante la discesa sul versante Italiano. Per Cassin e compagni è la prima volta che la gioia di una vittoria si mischia al dolore della perdita dei compagni di cordata.
E’ una cartolina di Vittorio Varale a catturare le attenzioni di Cassin verso lo sperone Walker alle Grandes Jorasses. Con Esposito e Tizzoni Cassin parte all’attacco della parete completamente ignaro della severità dell’ambiente e delle difficoltà d’affrontare. Durante il primo bivacco i tre scoprono Gervasutti ed Ottoz avvicinarsi all’attacco. Esposito per scoraggiare i due ad attaccare la parete fa precipitare dei massi; Gervasutti capisce che in parete c’è già una cordata e rinuncia ad attaccare la via.
Sicuramente la Ovest di Lavaredo, la Nord Est del Badile e lo sperone Walker rappresentano per Cassin le tre salite più importarti. Tre salite caratterizzate da una forza di volontà decisamente sopra la norma.
Negli anni seguenti le imprese di Cassin sono per lo più all’estero. Nel 1953 effettua un sopralluogo al K2 con Ardito Desio, ma questi capisce che in caso di successo l’alpinista avrebbe avuto più risalto sullo scienziato e decide attraverso una manipolazione di referti medici di escluderlo dalla spedizione.
Nel 1957 Cassin guida la spedizione al Gasherbrum IV e nel 61 quella alla sud del McKinley. In quest’ultima avventura tutti i membri della spedizione raggiungono la vetta.
Nel 1973 è la volta della parete sud del Lhotse ma le condizioni meteo proibitive e una valanga che distrugge il campo base segnano il fallimento. E’ il primo insuccesso di Cassin che al rientro in Italia abbandonerà l’alpinismo estremo.
Paragonare i due alpinisti è cosa assai difficile. Sicuramente le capacità arrampicatorie di Comici erano assai superiori a quelle di Cassin e di tutti gli altri alpinisti di quegli anni. Comici è stato senza dubbio il precursore dell’arrampicata libera! Cassin pur essendo un alpinista decisamente al di sopra della media non può essere ricordato certamente per la sua tecnica ma bensì per la sua decisione unita alla forte motivazione che contribuiscono a renderlo l’uomo che vince qualsiasi parete.

giovedì 3 novembre 2011

REINHARD KARL

Tra le letture mi ritrovo ancora Karl tra le mani. Ogni sua parola è spunto di crescita!
Grande Uomo!

Ho lasciato dietro di me la
solitudine alla macchina per scrivere.
Ascoltando dentro di me, spesso
non ho sentito altro che il
silenzio dei monti.
Di nuovo è giunta per me l'ora di
abbandonare le pianure della civiltà.
Di nuovo sono irrequieto.
Mi sono reso conto di quante ore dure
io abbia dovuto passare in montagna solo
rileggendo le mie righe.
Tuttavia sono arrivato più lontano seguendo
il lungo giro per i monti, che non seguendo
le vie del piano.
Intuisco che l'alpinismo di prestazione sportiva
possa essere anche solo una tappa della vita.
Forse l'ultimo scalino prima di diventare davvero adulti.
Ma i monti mi hanno dato molto.
Forse la lotta con la montagna è paragonabile alla salita.
Rimane impressa nella coscienza perché è così faticosa.
La felicità è paragonabile alla discesa.
Si scende facilmente e in fretta si dimentica.
Non importa quale montagna si salga:
lassù si guarderà sempre piu lontano.
Non so cosa si cerchi lassù.
La verità è casi complicata che nessuno la capisce.
In realtà la montagna è solo una meta nominale:
quello che conta, sono le ore, i minuti, i secondi,
e come si vivono.
Ora i miei problemi non saranno più
gli otto mila metri o l'VIII grado.
Il mio problema sarà ora l'arte
di salire una montagna.

mercoledì 20 luglio 2011

PREVISIONI DEL FUTURO... secondo Antonio Berti

Nel frugare tra i miei libretti mi sono imbattuto in questa paginetta scritta dal Prof Antonio Berti... nel 1956... e sono rimasto senza parole!

Che ci resta da attendere dalla storia futura?

Quando nel 1925 la guida Solleder salì la Civetta da NO e creò il sesto grado, qualcuno ha affermato, dicemmo, che il limite estremo era ormai stato raggiunto, e che non si poteva procedere oltre che in modo insensibile. Eppure abbiamo assistito ad imprese progressivamente più ardue. E ne vedremo, a breve scadenza, di più ardue, di più spinte ancora.
Ma è l’arrampicamento sportivo, l’acrobatismo, quello che è destinato ad ulteriore progresso, non è l’alpinismo.
L’alpinismo, classicamente, genuinamente inteso, ha il suo limite là dove il monte non viene intaccato, non viene alterato dai chiodi (chiodi per sicurezza esclusi). Quel limite è stato raggiunto da Piaz, da Fehrmann, da Preuss: 1906-1913. Oggi si è giunti molto più su. Hanno fatto ultimamente grande impressione nelle Dolomiti orientali le scalate di Livanos e Gabriel sulla Su Alto e sul Cival; alla Scotoni, al Tae, al Diedro del Rondoi degli Scoiattoli di Cortina: Lacedelli, Ghedina, Lorenzi, Franceschi, Michielli, zardini, Bellodis…
Ma all’arrampicamento con mezzi artificiali può essere posto un limite? Sono state fatte di recente scalate con 50, 100, 150 chiodi e oltre; una croda nelle Dolomiti Orientali è stata intaccata col trapano; un’altra (parete S della Winkler) è stata vinta con un pezzo di legno e una robusta mannaia; si è pensato seriamente ad una perforatrice a mano per la Roda di Vael (fortunatamente non abbiamo ancora veduta sulle Dolomiti quella stanga di 6 metri con cui il giapponese Maki si valse per vincere la sua cresta dell’Eiger!); quali altri strumenti verranno ancora inventati? Si sorpassano, con gioco di chiodi, corde e carrucole, tetti di 6-7 e più metri… Vi potrà mai essere un freno? Chi potrà porlo? Chi vorrà sopportarlo? Può sentirsi sicuro lo spaventoso strapiombo Nord della Cima Ovest che un giorno, con una caterva di mezzi meccanici, non si penserà e arriverà a superarlo?
Si sentono sicuri, di fronte a qualche scalatore moderno, il Campanile di San Marco di Venezia e lo strapiombo SE della Torre Pendente di Pisa?
L’avvenire sta dunque nelle parole di Piaz “Nell’ottobre del 1913 scendeva con Preuss nella fosse di Aussee anche la sua fulgente teoria, e il chiodatorismo, iniziato da Fiechtl, poté svilupparsi indisturbato fino allo stadio moderno, che con l’alpinismo ha perduto qualsiasi affinità. Non rimane più alcun dubbio che, camminando di questo passo progressivamente, la parola impossibile scomparirà dal vocabolario dei rocciatori”.
Ma se i rocciatori degli anni venturi sapranno affrontare le crode, oltre che con tutto il bagaglio del loro ferrame e cordame, anche e soprattutto con l’intelletto ed il cuore, e col sacro rispetto alla maestà della Montagna ed alla propria vita, ben venga anche il progresso futuro.
Valga tuttavia l’augurio, che di fianco ai proseliti di questi estremi sviluppi dell’arte rimanga una forte, fortissima schiera, che continui a trovare attrattive, soddisfazione, gioia, anche nei gradi medi e inferiori di questa scala che continua sempre più ad ascendere, una fortissima schiera fedele ai principi degli spiriti più illuminati della storia alpinistica, quelli che avrebbero amato che i monti fossero sempre rimasti intatti dai chiodi, puri come ci sono stati donati da Dio.
Perché ciò che sopra ogni cosa ci è caro cercare là in alto, non è l’orgoglio e la gloria, ma la bellezza e la gioia.
“Voci acclamanti risuonino dalle vette dei monti!”.

Antonio Berti
Padova, autunno 1956

sabato 5 marzo 2011

IN UN MONDO MIGLIORE

E' in questa sera, dove l'attesa di un'arrampicata cavalca l'orologio con la macchina dei ricordi. De Andrè nelle orecchie, una mano frenestica che batte sul tasto sinistro del mouse ed un monitor che con frequenza cardiaca cambia repentinamente i colori dei pixel restituendo vita ai miei ricordi.

Inizia il viaggio, ho allacciato le cinture di sicurezza e sono sicuro che resterò inchiodato a questa sedia. Inizio dalla Patagonia e poi prosegueo, quasi in ordine sparso, ricordando le persone conosciute durante il rotolare che ho fatto.

Mi rivedo in faccia, mi rivedo un po' bambino. A volte con qualche kg di troppo a volte con un fisico che ora posso solo invidiare. Mi rivedo spensierato a sorseggiare birra su una spiaggia. Mi rivero triste e pensieroso davanti al monumento che ricorda tutti i morti della dittatura di Pinochet in Chile. Mi rivedo perso tra le mura di un'ambasciata, mi rivedo terrorizzato all'inizio di un'immersione a Ko Phi Phi.

In questo istante sono consapevole che per un po' questo contenitore non potrà aggiungere altre fotografie, altri sguardi, altre emozioni. Un paio di scelte importanti mi hanno rallentato nel viaggiare. Al tempo stesso sono felice perchè mi rendo conto che questi migliaia di file non sono solo un ingombro sul disco fisso ma sono un bagaglio di esperienze e soprattutto di cultura che mi trascino nel guscio ogni volta che esco di casa. Spero e prego di diventare ogni giorno migliore.

Stasera sto sognando la nuova destinazione, stasera sto immaginando i nuovi amici, stesera sto per dire grazie alla vita. Perchè quello che in questi trent'anni ho fatto e ho avuto non è di tutti.

Da settimane sono angosciato per quello che sta succedendo in nord africa. Non mi riesce di trovare una fine. Vedo il dolore di quella gente davanti a me. Vedo un'africa piegata come non mi è mai capitato di vedere. Ripenso ai miei viaggi e al terrore che altre volte ha cavalcato quelle vie dove io scattavo fotografie. Ripenso ai bambini ai quali ho rubato un sorriso e ripenso ai loro sogni. Quelli di un mondo migliore.