domenica 9 novembre 2014

UN NUOVO RISVEGLIO

di Matteo Will Bertolotti

Non vorrei essere Bach, Mozart, Tolstoj, Joe Hill,
Gertrude Stein o James Dean; sono tutti morti.
I grandi libri sono stati scritti.
I grandi detti sono stati pronunciati.
Voglio solo mostrarvi un’immagine di quello che succede qui qualche volta,
anche se io stesso non capisco bene cosa stia succedendo.
Bob Dylan

D’altra parte anche le fantastiche montagne senza gli uomini,
grandi o piccoli che siano, rimangono mute, inerti, senza senso.
Ecco, sono proprio loro, gli uomini,
con la loro umanità a dare un’anima ai vertici emergenti di roccia e ghiaccio
su quali rincorrere i propri sogni.
Armando Aste

Sono bastati un bicchiere di Genepì e la simpatia di Marco Blatto a dirottare la mia attenzione verso Gian Piero Motti. Non è che il personaggio mi fosse sconosciuto ma fino ad ora, nessuna scintilla aveva risvegliato in me la voglia di leggere i suoi scritti, che sono in parte, un manifesto del “Nuovo Mattino”.
Ed è così che anziché sfogliare il libro presente al terzo ripiano della mia libreria, decido di far impazzire un simpatico bibliotecario nella ricerca di qualche vecchio numero della Rivista della Montagna, ormai coperto da uno strato di polvere. Quello che mi capita tra le mani è uno dei suoi scritti più importanti: “L’ultima avventura” è una sorta di testamento spirituale. Resto intrappolato dalla lettura al punto di non accorgermi che le lancette dell’orologio hanno segnato l’inizio di un nuovo giorno. E’ con la frase “Io vorrei solamente un alpinismo più umano” che i miei occhi finalmente si chiudono.
Da qualche tempo cerco un significato più ‘intimo’ alla parola “alpinismo”. Non basta la definizione del dizionario Zanichelli; non si tratta solamente di salire cime in ambienti talvolta sconvenienti. Esiste un significato più profondo dietro quelle nove lettere perfettamente allineate.
Esplorazione, Amicizia e Divulgazione. Con queste tre semplici parole Diego Filippi riassume le sue scelte e il suo percorso verticale. ‘Esplorare’ è sinonimo di scoprire ma è al tempo stesso è la capacità di avere occhi sempre diversi ogni qualvolta si guardi una parete o si riempia lo zaino di moschettoni e corde. ‘Amicizia’ è la parola d’ordine per indossare un’imbraco. ‘Divulgazione’ è il dovere di lasciare la propria traccia, magari tralasciando difficoltà e chiodature, e dando spazio a emozioni e sensazioni.
E’ l’ennesima salita alla Pietra di Bismantova a rimarcare il significato del mio “alpinismo”. La linea corre verticale pochi metri a destra della classicissima Oppio, ma sino a oggi non molte persone l’hanno salita. Le informazioni in nostro possesso sono povere e incomplete ma conosciamo l’alfabeto di Giancarlo Zuffa e raggiungiamo l’attacco con zaini pesanti. Questo posto è sempre affascinante; le linee che percorrono questa parete salgono a goccia d’acqua verso il nulla.
Con passo lento e sicuro Diego inizia la salita piantando diversi chiodi che poi lasceremo. Forse un giorno ci sarà qualcuno che verrà fin qua per alzare il naso: qui tutto è stupore e meraviglia.
Nel progredire qualche antico chiodo riaffiora e senza fatica resta tra le mani di chi li accarezza. La roccia è insicura e una buona dose di sangue freddo è fondamentale per respirare.
La seconda lunghezza è notevolmente più impegnativa e dei vecchi cunei di compensato dall’aspetto poco rassicurante sono la fotografia di una pagina importante di questo luogo.
La parete ci terrà prigionieri per otto lunghe ore nonostante le poche lunghezze di corda. La soddisfazione è notevole quando con Diego e Alessandro raggiungiamo la soffice sommità.
Liberati dai chiodi, dal martello, dai friend e da altre diavolerie, sdraiati, guardiamo il cielo e le nuvole. Un’aria calda sfiora le nostre facce mentre il sentiero ci riporta all’8 marzo del 1969 e ai volti di Giancarlo Zuffa e Nino Lenzi.
“Senza il ricordo e senza storia non si vive, si abbozza solamente una sorta di sopravvivenza”, con queste parole un amico, che oggi si sporca le mani tra le strade di Cochabamba, chiudeva una sua lettera. La voglia di conoscere Giancarlo Zuffa e riportarlo alla Pietra ad arrampicare aumenta notevolmente quando Ginetto Montipò mi confida di aver perso i contatti con lui da circa quarant’anni.
Lanciamo i dadi e prima che smettano di girare ricostruiamo la storica cordata con una ‘passeggiata’ sulla via Pincelli-Brianti in un weekend d’inizio ottobre.
Con l’occasione incontro finalmente anche Marco Barbieri e altri “Alpinisti del Lambrusco”, finalmente sento il loro tono di voce. E’ l’ennesimo regalo che ricevo da queste pareti silenziose che ancora conservano il mistero della scoperta e dell’esplorazione. La salita della Rampa della Sassaia è solo la prima di tante avventure verticali che condivideremo.









lunedì 11 agosto 2014

ARRAMPICARE DOLOMITI SUD OCCIDENTALI

PRESENTAZIONE DELLA GUIDA "ARRAMPICARE"
di Diego Filippi

L’alpinismo è sempre stato per me sinonimo di esplorazione e amicizia. Dopo i primi anni trascorsi sulle montagne di casa, ho sentito, (come ognuno di noi credo) l’irrefrenabile voglia di conoscere altre montagne, salire cime diverse, cime lontane. Una voglia istintiva di partire per lunghi viaggi, alla scoperta di nuovi territori, di nuove pareti da scalare e, sempre e soprattutto, in compagnia di grandi amici.

Non c’è alcun dubbio, l’alpinismo condiziona profondamente la vita di chi lo pratica. Cosi è stato per me, e dopo 30 anni di intensa attività alpinistica mi sorprendo ancora di quanti entusiasmi possa dare il conoscere nuove montagne e nuove pareti, su cui vivere nuove avventure con nuovi compagni di cordata.


Naturalmente, sappiamo benissimo che per muoverci in territori sconosciuti abbiamo bisogno di relazioni e guide. Anche in questo caso, non credo di essere l’unico ad essere cresciuto a “pane e guide”. Libri, relazioni, fotocopie, schizzi raccolti qua e la o scaricati da vari siti internet; questa montagna di carta disordinata, per noi alpinisti, rappresenta a volte il nostro tesoro più prezioso. Ecco, forse un altro sinonimo che può avere la parola alpinismo è “divulgazione”.

La divulgazione nasce dalla voglia di condividere la nostra gioia e le nostre esperienze con altre persone. A volte, quando esco da una via, magari poco conosciuta e dimenticata, la grande soddisfazione e la gioia che mi ha regalato mi spinge a dire: “hei ragazzi, ma questa è la più bella via di sempre! vale davvero la pena farci un giro, devo farlo sapere a tutti!”. Credo che questo sia il sentimento che spinge tutti quegli alpinisti che, in un modo o nell’altro, fanno divulgazione.  

Esplorazione, amicizia e divulgazione rappresentano dunque per me la “traduzione” della parola alpinismo.
Un’avventura in montagna, che sia nella gioia e nella spensieratezza o nella difficoltà e nel dramma, crea amicizie profonde, uniche, spesso durature. L’arrampicata crea un legame unico, di assoluta fiducia: in fondo quando ci facciamo tenere la corda da un amico, gli stiamo dando in mano la nostra vita. Possono passare gli anni, moltissimi anni, ma ogni salita rimane impressa noi nostri ricordi e ogni amico rimane, e rimarrà, per sempre nel nostro cuore.

Tornando al tema della divulgazione, è con grande onore e piacere che ho accettato l’invito di Matteo e Luca a scrivere una presentazione alla loro guida. Prima di conoscere questi ragazzi, già usavo le loro preziose e attendibili relazioni che trovavo nel loro sito “sassbaloss.com”. E per quanto riguarda l’affidabilità, questo sito non ha bisogno di presentazioni: è ormai famoso, conosciuto e usato da moltissimi alpinisti italiani. L’impressionante numero di contatti che registra ogni anno lo dimostra.

Impressionante è anche l’attività svolta da Matteo e Luca in tutte le alpi, dalle Marittime alle Carniche, dal Gran Sasso a Bismantova, dal Monte Penna alla Paganella. Cime e pareti, dalle più famose alle più sconosciute. Parte di tutto questo, ora è in un libro, che non ho dubbi, sarà straordinario data la varietà delle salite proposte e dalla ricchezza dei contenuti. E per l’affidabilità ripeto, sarà assoluta, data la grande esperienza, ormai decennale, che hanno gli autori in fatto di compilare relazioni tecniche con testi, foto e suggerimenti.

In conclusione, credo che l’anima della nuova guida degli amici Matteo e Luca contenga tutto quello che per me è alpinismo: esplorazione, amicizia e divulgazione. E a ben guardare, è su questi temi che è nata e si fonda la nostra amicizia: tutti noi amiamo follemente gironzolare per le alpi, conoscere nuovi amici e divulgare le nostre esperienze attraverso relazioni e fotografie. Un modo fantastico e divertente di vivere la vita e l’alpinismo. Buona lettura e buone arrampicate a tutti gli amici che useranno questa guida.

Diego Filippi

sabato 18 gennaio 2014

SABBIA



Sabbia.
di Matteo Will Bertolotti

“Dai scrivi!”. E’ il brevissimo messaggio del Ferro a dare il via alle danze.
Sono in difficoltà. Per la prima volta non trovo le parole. Non so da dove iniziare. Non ho un molo da cui salpare. L’onestà del momento mi dice che non so neanche dove voglio arrivare. Navigo senza una mappa. Sono un naufrago che cerca un’isola. Forse sto solo mentendo a tutti. Ho un’isola piena di tesori che voglio tutta per me. L’alpinista è per natura egoista.
Potrei raccontare di una piccola salita alla Pietra di Bismantova. Potrei dire che cinque lunghezze ci hanno richiesto più di dieci ore per essere superate. Ma improvvisamente ho paura. Mi sento incapace di raccontare emozioni. Descrivere la corda che ci ha unito, non è facile.
Pagina sessantotto della guida del Righetti, il nostro diario di bordo. Le date, scritte con una mano tremolante a fianco delle relazioni, sono l’unica cosa che scandisce il tempo del nostro esplorare queste pareti.
L’avventura è fuori di casa. E’ bastata un po’ di sabbia nell’appennino emiliano. Niente viaggi, niente spedizioni, niente sponsor. Piccole idee, un po’ di semplicità e gli amici giusti bastano a colorare le giornate.
La via del Bagnino spaventa tutti quelli che, dal suo attacco, alzano il naso al cielo. Le poche relazioni non lasciano scampo a una magra sentenza: impegnativa e terribilmente friabile.
Il paese dorme ancora quando, con passo lesto, passiamo davanti al piccolo luogo di preghiera che precede le pareti. Ignoriamo con discrezione il cartello di divieto e, in breve, siamo nel cortile privato dell’eremo. Un saio appeso al davanzale di una finestra viene cullato da un leggero vento. Aumentiamo il passo e raggiungiamo l’attacco della via. La falesia della Banana è ancora deserta. Forse oggi tutti penseranno solo a salutare questo 2013 travagliato.
Con noi zaini pesanti. Nel mio ci sono 60 chiodi. Diego ne ha costruiti diversi per lasciarli in parete.  E’ la prima volta che ne vedo così tanti insieme. Pesano parecchio. Ai miei compagni non nascondo di essere emozionato. Loro, lo sono altrettanto. Compare davanti a me il 1935. Riccardo Cassin e Vittorio Ratti stanno per attaccare l’Ovest di Lavaredo. Approfittarono della nebbia per non essere visti. Solo i violenti colpi di martello, che risuonavano nella valle, facevano intuire che una nuova pagina di alpinismo sarebbe presto stata scritta. Chissà come andarono le cose qui nel 1980…
Ora c’è il sole e a dirla tutta, anche una gradevole temperatura. Diego sale in fretta i primi metri di erba verticale e inizia a piantare chiodi. Uno dopo l’altro. Lentamente. Molto lentamente a essere onesti. La sistematicità è l’elemento chiave.
Il tempo e le difficoltà perdono il loro significato. Ci risiamo. Anche per questa volta va bene così. Oggi non c’è un record da abbattere o un trofeo da conquistare. Oggi basta convivere con quello che siamo. Con i nostri pregi e con i nostri difetti. Non abbiamo via di fuga. E’ così quando si arrampica. Accettiamo quello che siamo e continuiamo la salita.
Diego impegna due ore per percorrere la prima lunghezza. L’arrivo in sosta è carico di un entusiasmo contaminante. La nostra attesa è già dimenticata, le ore azzerate, i minuti annientati. Saliamo recuperando i chiodi.
La seconda lunghezza è più breve ma non meno impegnativa. La sosta sotto a un tetto ci tiene lontani dal sole, ma ci regala una vista mozzafiato sulle montagne che circondano questo teatro.
Improvvisamente mi sento colpevole. Oggi come non mai vedo i miei limiti. Prendo coscienza di quello che sono. Prendo consapevolezza del sapere che i miei compagni di cordata lo accettano.
La quarta lunghezza viene salita quando ormai le temperature sono scese. Le luci illuminano la piccola contrada di Ginepreto. A pochi metri dalla vetta dobbiamo scendere. G
Torniamo la salita la mattina successiva. Appena raggiunta la vetta avverto dentro di me la voglia di gridare. Ma non ho il coraggio di un bambino. Il mio universo colorato resta dentro di me. Ho paura a condividerlo. Imbocco il sentiero di discesa. In silenzio. Il sole è alle mie spalle e la mia ombra precede il passo.





li amici ci stanno aspettando.