mercoledì 20 luglio 2011

PREVISIONI DEL FUTURO... secondo Antonio Berti

Nel frugare tra i miei libretti mi sono imbattuto in questa paginetta scritta dal Prof Antonio Berti... nel 1956... e sono rimasto senza parole!

Che ci resta da attendere dalla storia futura?

Quando nel 1925 la guida Solleder salì la Civetta da NO e creò il sesto grado, qualcuno ha affermato, dicemmo, che il limite estremo era ormai stato raggiunto, e che non si poteva procedere oltre che in modo insensibile. Eppure abbiamo assistito ad imprese progressivamente più ardue. E ne vedremo, a breve scadenza, di più ardue, di più spinte ancora.
Ma è l’arrampicamento sportivo, l’acrobatismo, quello che è destinato ad ulteriore progresso, non è l’alpinismo.
L’alpinismo, classicamente, genuinamente inteso, ha il suo limite là dove il monte non viene intaccato, non viene alterato dai chiodi (chiodi per sicurezza esclusi). Quel limite è stato raggiunto da Piaz, da Fehrmann, da Preuss: 1906-1913. Oggi si è giunti molto più su. Hanno fatto ultimamente grande impressione nelle Dolomiti orientali le scalate di Livanos e Gabriel sulla Su Alto e sul Cival; alla Scotoni, al Tae, al Diedro del Rondoi degli Scoiattoli di Cortina: Lacedelli, Ghedina, Lorenzi, Franceschi, Michielli, zardini, Bellodis…
Ma all’arrampicamento con mezzi artificiali può essere posto un limite? Sono state fatte di recente scalate con 50, 100, 150 chiodi e oltre; una croda nelle Dolomiti Orientali è stata intaccata col trapano; un’altra (parete S della Winkler) è stata vinta con un pezzo di legno e una robusta mannaia; si è pensato seriamente ad una perforatrice a mano per la Roda di Vael (fortunatamente non abbiamo ancora veduta sulle Dolomiti quella stanga di 6 metri con cui il giapponese Maki si valse per vincere la sua cresta dell’Eiger!); quali altri strumenti verranno ancora inventati? Si sorpassano, con gioco di chiodi, corde e carrucole, tetti di 6-7 e più metri… Vi potrà mai essere un freno? Chi potrà porlo? Chi vorrà sopportarlo? Può sentirsi sicuro lo spaventoso strapiombo Nord della Cima Ovest che un giorno, con una caterva di mezzi meccanici, non si penserà e arriverà a superarlo?
Si sentono sicuri, di fronte a qualche scalatore moderno, il Campanile di San Marco di Venezia e lo strapiombo SE della Torre Pendente di Pisa?
L’avvenire sta dunque nelle parole di Piaz “Nell’ottobre del 1913 scendeva con Preuss nella fosse di Aussee anche la sua fulgente teoria, e il chiodatorismo, iniziato da Fiechtl, poté svilupparsi indisturbato fino allo stadio moderno, che con l’alpinismo ha perduto qualsiasi affinità. Non rimane più alcun dubbio che, camminando di questo passo progressivamente, la parola impossibile scomparirà dal vocabolario dei rocciatori”.
Ma se i rocciatori degli anni venturi sapranno affrontare le crode, oltre che con tutto il bagaglio del loro ferrame e cordame, anche e soprattutto con l’intelletto ed il cuore, e col sacro rispetto alla maestà della Montagna ed alla propria vita, ben venga anche il progresso futuro.
Valga tuttavia l’augurio, che di fianco ai proseliti di questi estremi sviluppi dell’arte rimanga una forte, fortissima schiera, che continui a trovare attrattive, soddisfazione, gioia, anche nei gradi medi e inferiori di questa scala che continua sempre più ad ascendere, una fortissima schiera fedele ai principi degli spiriti più illuminati della storia alpinistica, quelli che avrebbero amato che i monti fossero sempre rimasti intatti dai chiodi, puri come ci sono stati donati da Dio.
Perché ciò che sopra ogni cosa ci è caro cercare là in alto, non è l’orgoglio e la gloria, ma la bellezza e la gioia.
“Voci acclamanti risuonino dalle vette dei monti!”.

Antonio Berti
Padova, autunno 1956