sabato 13 febbraio 2010

DIALOGO TRA UN ALPINISTA ED UN ESCURSIONISTA CON GLI ZOCCOLI AI PIEDI IN VAL CALOLDEN

Stamattina ho trovato in un vecchio libro usato comprato ieri questo scritto. Mi sono divertito parecchio al punto che ho deciso di riscriverlo e metterlo su face! Il titolo non è quello originale... ma questo mi piaceva di più!

di Andrea Oggioni

Dopo i contatti amichevoli con i più grandi rappresentanti dell’alpinismo francese e le salite classiche effettuate, anche il mio nome era praticamente entrato in circolazione nella famiglia degli alpinisti di primo piano. Lo capivo da tante piccole cose, alle volte da episodi divertenti, come quello che mi accadde in Grignetta.
Un sabato pomeriggio, salivo dunque per la Val Calolden ai Piani dei Resinelli e, dato che mi facevano terribilmente male i piedi, avevo calzato un paio di zoccoletti, ma naturalmente non abituato ad andare in montagna con gli zoccoli, camminavo a fatica, sostando a più riprese.
In una di queste soste, venni raggiunto da due individui vestiti da veri alpinisti: zaino affardellato, cappello d’alpino sulla testa e numerosi medaglioni e patacche sui pantaloni e sulla camicia. Si fermarono anch’essi e subito uno di loro mi assale:
- Dov’è diretto?
- Ai Resinelli, - rispondo.
- Non ha le scarpe.
- Le ho nel sacco.
- Allora perché sale con gli zoccoli?
- Perché mi fanno male i piedi.
Non so se sia il mio abbigliamento; a torso nudo in pantaloncini corti, o per la mia faccia… ché il mio interrogatore, sempre più curioso, continua a farmi domande.
- Di dov’è?
- Di Monza.
- Di Monza!... Allora conosce Bonatti… Oggioni… Aiazzi…
- Per sentito dire.
- Ho arrampicato con loro. Ho fatto parecchie salite. Sono di Milano. Lei arrampica?
Ora sono io che rimango molto sorpreso ed incuriosito; quel tipo che dice di aver arrampicato con me incomincia a divertirmi, perciò rispondo sempre alle sue domande.
- Mai arrampicato… Mi piacerebbe.
- Bene, scusami se ti do del tu, domani se alle dieci ti trovi sul prato del Nibbio, ti faccio fare lo spigolo.
- … ce la farò?
Mi guarda nuovamente come se cercasse delle doti di arrampicatore dentro di me, e mi dice;
- Con me puoi star sicuro.
Accetto l’appuntamento e riprendiamo la mulattiera che porta ai Piani dei Resinelli. Sono soddisfatto di essere conosciuto e quel tipo che conosce molto bene il mio nome mi è entrato in simpatia; perciò mi azzardo ad interrogarlo, vorrei chiedergli qualche cosa sul mio conto.
- Mi dica, lei che conosce Oggioni, com’è?
- Stilista perfetto, forte, un po’ ignorante, ma un buon ragazzo.
- E che salite ha fatto con Oggioni?
- Parecchie ascensioni in Grignetta: anzi sono stato io il primo ad insegnargli qualche cosa sulla roccia.
Pensai subito a Luigi, il mio primo compagno di cordata: anche lui era alto e magro come questo, ma possibile che non lo riconosca? O almeno lui, che mi conosce di nome, non mi riconosca di persona? Non è Luigi. E se davvero fosse? Non può essere, Luigi mi disse che era di Sesto, questo è di Milano, e poi si chiama Luigi? Mi affretto a chiederglielo.
- Scusi, si chiama Luigi?
- No, mi chiamo Romano, perché?
- Niente… mi sembrava di averla già visto.
Ai Resinelli ci salutiamo dandoci appuntamento per l’indomani al Corno del Nibbio.
Più tardi trovo l’amico Maggioni: lo metto al corrente di ciò che mi è capitato: perciò devo anticipare il programma che ho con lui il giorno seguente: salire una via di sesto grado al Nibbio. Dobbiamo farlo prima delle dieci perché a quell’ora arriverà Romano per portarmi sul facile spigolo.
Infatti così avviene: alle nove sono sulla parete del Nibbio, e mentre sono impegnato nel ‘tira e molla’ della via Campioni d’Italia, sento dal basso una nota voce che chiede ad uno ‘spettatore’:
- Ma chi è il primo di quella cordata?
- Oggioni, - risponde l’interrogato.
Guardo giù e vedo Romano, che arrivato molto in anticipo all’appuntamento, sgranando tanto d’occhi, mi fissa impallidendo più del normale e quindi con un gesto di sdegno se ne va a capo chino.
Naturalmente si è offeso: credo di averlo trattato proprio male; avrei voluto, se fosse possibile, chiedergli scusa, ma se ne stava andando troppo di fretta.

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