di Jim Collins
Traduzione di Roberto Mantovani
“Il mezzo che mi ha dischiuso le porte delle scalate estreme
è stato il buildering…
… sono arrivato a capire che, ciò che prima era ritenuto il limite umano su roccia, in realtà è solo una barriera psicologica…”
… sono arrivato a capire che, ciò che prima era ritenuto il limite umano su roccia, in realtà è solo una barriera psicologica…”
Per molti anni l’arrampicata è stata intesa da coloro che la
esercitavano soprattutto come un’attività di tipo essenzialmente ricreativo.
L’idea di fruire di un rigoroso programma di allenamento pareva una cosa del
tutto assurda rispetto al concetto stesso di arrampicata e si diceva che un
sistematico lavoro preparatorio avrebbe portato via molto del piacere derivante
dallo spirito veramente libero di questo sport. Negli ultimi anni si è però
arrivati a constatare che le cose non stanno esattamente in questi termini. Di
fatto, la forma ottenuta per mezzo di un allenamento intensivo, che integri
l’attività all’aperto con una certa dieta ed un determinato tenore di vita,
sembra dischiudere nuovi orizzonti all’arrampicata.
Il mezzo che ho usato per sviluppare una forma che sentivo altrimenti irraggiungibile, e che mi ha dischiuso le porte delle scalate estreme è stato il buildering. Piano piano sono arrivato a capire che ciò che prima era ritenuto il limite umano su roccia, il 5.11, in realtà è solo una barriera psicologica da frantumare, una barriera che ci siamo creati proprio con le nostre mani. E comunque dobbiamo ancora arrivare vicino a quelli che sono i veri limiti fisici dell’uomo in arrampicata. I quattro minuti sul miglio sono stati per anni lo spauracchio psicologico da vincere: lo stesso si sta verificando ora in campo alpinistico per quello che riguarda la comparsa di un livello di difficoltà superiore all’attuale. A questo proposito, il buildering è ancora una delle strade più efficaci per gli arrampicatori che iniziano a sviluppare le loro attitudini. Ricordo, per esempio, di aver avuto un allievo molto dotato che riuscì a scalare il Naked Edge, nell’Eldorado Canyon, dopo solo sei giorni di lezioni: il suo nome è Brian Harder. Per riuscire a comprendere il perché di tanta facilità, bisogna risalire al momento in cui volli consigliargli di fare qualche arrampicata a secco sulle strutture edilizie della Stanford University, prima di venire il Colorado per le lezioni. Dunque Brian lavorò all’aperto per un mese di fila sui muri degli edifici e, sebbene la sua esperienza di arrampicate in cordata consistesse in tutto e per tutto solo in qualche piccolo tratto di 5.7 da secondo, egli fu ben presto in grado di cominciare col 5.10 e di continuare in grande stile sul Nakel Edge. La settimana successiva fu nuovamente condotto sul luogo e condusse il tiro di 5.11 in uno stile eccellente. Il segreto di tutto era dunque il buildering.
Alcuni dei migliori arrampicatori degli anni sessanta hanno usato con vantaggio diversi metodi di allenamento e di arrampicata sui muri degli edifici. David Breashears, Jim Erickson, Roger Briggs e Toni Yaniro costituiscono degli esempi notevolissimi. Toni per esempio, si era costruito una macchina da arrampicata, per fare del buildering, che poteva simulare fessure di ogni dimensione su cui poi “pompava in continuazione giri di circuito”. Questa è una delle regioni principali per cui Toni è diventato uno dei più forti arrampicatori di fessure in tutto il mondo.
Io, per esempio, non sarei mai stato in grado di effettuare le difficili scalate che ho portato a termine nell’Eldorado Canyon senza allenamento di buildering: scalate come Psycho e Genesis sono state i diretti risultati delle mie fatiche sui muri della Stanford University. Per la preparazione di queste salite sono andato alla ricerca di specifiche difficoltà di buildering.
Il metodo di allenamento di per sé è abbastanza semplice e i risultati più efficaci provengono dal lavorare all’aperto su basi costanti, preferibilmente ogni giorno. Il training quotidiano sembra dapprima richiedere un tremendo impegno di tempo, ma preso ci si accorge che è possibile fare a meno di una parte del tempo dedicato alla scuola o al lavoro e, una volta acquisita l’abitudine di uscire sempre, esso diviene una cosa natura come l’andare a letto ogni sera.
Io raccomanderei di alternare attività all’aperto di una certa durezza con altre più blande.
Qui sotto viene fornita una scheda campione:
1° giorno: Due ore – lavoro intenso sulle dita e sugli avambracci. Lunghi traversi.
2° giorno: Due ore – attività sui grandi muscoli (bicipiti, laterali, pettorali, ventrali). Arrampicare su muri che presentino difficoltà tali da garantire buone prese per le mani (per esempio vaschette trasversali), ma scarsi appoggi per i piedi, è una cosa eccellente per raggiungere lo scopo. Inoltre si potrebbe integrare l’attività menzionata con trazioni, sollevamenti, flessioni, ginnastica.
3° giorno: Un’ora – questo è il giorno in cui ci si cimenta solo con le difficoltà meno rilevanti e preferibilmente con quelle che “fanno le gambe”. In questo giorno sono ottimi anche esercizi di distensione.
4° giorno: Due ore – ancora lavoro intenso sulle dita e sugli avambracci.
5° giorno: Due ore – ancora lavoro sui grandi muscoli: fare degli scatti e correre delle distanze più lunghe per le gambe ed il sistema cardiovascolare.
6° giorno: Un’ora – esercizi di flessibilità e attività leggera sulla parte superiore del corpo. Questa giornata dovrebbe essere quasi un giorno di riposo completo.
7° giorno: Da quattro a sei ore – ricercare il maggiore affaticamento di ogni parte del corpo; fare dei lunghi traversi, risolvere problemi brevi ma di elevata difficoltà; fare anche molte trazioni e flessioni fin quando uno può resistere e poi ancora qualcuna di più. Infine scatti in velocità e corsa. Questo dovrebbe essere un genere di preparazione paragonabile ad un tipo di scalata estremamente differenziata, in cui si succedono diversi modi di arrampicata. Il concetto è di arrivare ad un buon livello di resistenza, che superi i limiti di breve periodo, necessario per le scalate lunghe e sostenute.
8° giorno: Giorni di riposo completo e di recupero. Poi il processo si ripete daccapo.
Il mezzo che ho usato per sviluppare una forma che sentivo altrimenti irraggiungibile, e che mi ha dischiuso le porte delle scalate estreme è stato il buildering. Piano piano sono arrivato a capire che ciò che prima era ritenuto il limite umano su roccia, il 5.11, in realtà è solo una barriera psicologica da frantumare, una barriera che ci siamo creati proprio con le nostre mani. E comunque dobbiamo ancora arrivare vicino a quelli che sono i veri limiti fisici dell’uomo in arrampicata. I quattro minuti sul miglio sono stati per anni lo spauracchio psicologico da vincere: lo stesso si sta verificando ora in campo alpinistico per quello che riguarda la comparsa di un livello di difficoltà superiore all’attuale. A questo proposito, il buildering è ancora una delle strade più efficaci per gli arrampicatori che iniziano a sviluppare le loro attitudini. Ricordo, per esempio, di aver avuto un allievo molto dotato che riuscì a scalare il Naked Edge, nell’Eldorado Canyon, dopo solo sei giorni di lezioni: il suo nome è Brian Harder. Per riuscire a comprendere il perché di tanta facilità, bisogna risalire al momento in cui volli consigliargli di fare qualche arrampicata a secco sulle strutture edilizie della Stanford University, prima di venire il Colorado per le lezioni. Dunque Brian lavorò all’aperto per un mese di fila sui muri degli edifici e, sebbene la sua esperienza di arrampicate in cordata consistesse in tutto e per tutto solo in qualche piccolo tratto di 5.7 da secondo, egli fu ben presto in grado di cominciare col 5.10 e di continuare in grande stile sul Nakel Edge. La settimana successiva fu nuovamente condotto sul luogo e condusse il tiro di 5.11 in uno stile eccellente. Il segreto di tutto era dunque il buildering.
Alcuni dei migliori arrampicatori degli anni sessanta hanno usato con vantaggio diversi metodi di allenamento e di arrampicata sui muri degli edifici. David Breashears, Jim Erickson, Roger Briggs e Toni Yaniro costituiscono degli esempi notevolissimi. Toni per esempio, si era costruito una macchina da arrampicata, per fare del buildering, che poteva simulare fessure di ogni dimensione su cui poi “pompava in continuazione giri di circuito”. Questa è una delle regioni principali per cui Toni è diventato uno dei più forti arrampicatori di fessure in tutto il mondo.
Io, per esempio, non sarei mai stato in grado di effettuare le difficili scalate che ho portato a termine nell’Eldorado Canyon senza allenamento di buildering: scalate come Psycho e Genesis sono state i diretti risultati delle mie fatiche sui muri della Stanford University. Per la preparazione di queste salite sono andato alla ricerca di specifiche difficoltà di buildering.
Il metodo di allenamento di per sé è abbastanza semplice e i risultati più efficaci provengono dal lavorare all’aperto su basi costanti, preferibilmente ogni giorno. Il training quotidiano sembra dapprima richiedere un tremendo impegno di tempo, ma preso ci si accorge che è possibile fare a meno di una parte del tempo dedicato alla scuola o al lavoro e, una volta acquisita l’abitudine di uscire sempre, esso diviene una cosa natura come l’andare a letto ogni sera.
Io raccomanderei di alternare attività all’aperto di una certa durezza con altre più blande.
Qui sotto viene fornita una scheda campione:
1° giorno: Due ore – lavoro intenso sulle dita e sugli avambracci. Lunghi traversi.
2° giorno: Due ore – attività sui grandi muscoli (bicipiti, laterali, pettorali, ventrali). Arrampicare su muri che presentino difficoltà tali da garantire buone prese per le mani (per esempio vaschette trasversali), ma scarsi appoggi per i piedi, è una cosa eccellente per raggiungere lo scopo. Inoltre si potrebbe integrare l’attività menzionata con trazioni, sollevamenti, flessioni, ginnastica.
3° giorno: Un’ora – questo è il giorno in cui ci si cimenta solo con le difficoltà meno rilevanti e preferibilmente con quelle che “fanno le gambe”. In questo giorno sono ottimi anche esercizi di distensione.
4° giorno: Due ore – ancora lavoro intenso sulle dita e sugli avambracci.
5° giorno: Due ore – ancora lavoro sui grandi muscoli: fare degli scatti e correre delle distanze più lunghe per le gambe ed il sistema cardiovascolare.
6° giorno: Un’ora – esercizi di flessibilità e attività leggera sulla parte superiore del corpo. Questa giornata dovrebbe essere quasi un giorno di riposo completo.
7° giorno: Da quattro a sei ore – ricercare il maggiore affaticamento di ogni parte del corpo; fare dei lunghi traversi, risolvere problemi brevi ma di elevata difficoltà; fare anche molte trazioni e flessioni fin quando uno può resistere e poi ancora qualcuna di più. Infine scatti in velocità e corsa. Questo dovrebbe essere un genere di preparazione paragonabile ad un tipo di scalata estremamente differenziata, in cui si succedono diversi modi di arrampicata. Il concetto è di arrivare ad un buon livello di resistenza, che superi i limiti di breve periodo, necessario per le scalate lunghe e sostenute.
8° giorno: Giorni di riposo completo e di recupero. Poi il processo si ripete daccapo.
Sono possibili infinite variazioni a questa scheda di allenamento:
personalmente ho potuto constatare che il tipo di lavoro descritto si è
rivelato molto buono per il mio fisico e, inoltre, esso può facilmente
adattarsi alla vita quotidiana di un qualsiasi studente di Stanford.
Un altro aspetto dell’allenamento che mi sta molto a cuore è costituito dalla dieta, fattore di eccezionale importanza.
Dal punto di vista arrampicatorio, il concetto sotteso ad una buona dieta è quello di immettere nell’organismo tutte quelle sostanze che possono rifornirlo delle sue necessità, senza peraltro gravarlo di un sovraccarico di peso muscolare non necessario. Il fattore più importante è sempre il rapporto peso-potenza e non la forza brutale, quella che può ridurre una panca da 360 libbre in una scatoletta.
Teoricamente, divenendo il più leggeri possibile senza però perdere le forze, si dovrebbe raggiungere un’ottima forma. Per perseguire questo scopo ho constatato che è molto utile:
1) non far uso di carne di manzo o di maiale;
2) usare pochi alimenti zuccherati: la frutta è di gran lunga migliore;
Un altro aspetto dell’allenamento che mi sta molto a cuore è costituito dalla dieta, fattore di eccezionale importanza.
Dal punto di vista arrampicatorio, il concetto sotteso ad una buona dieta è quello di immettere nell’organismo tutte quelle sostanze che possono rifornirlo delle sue necessità, senza peraltro gravarlo di un sovraccarico di peso muscolare non necessario. Il fattore più importante è sempre il rapporto peso-potenza e non la forza brutale, quella che può ridurre una panca da 360 libbre in una scatoletta.
Teoricamente, divenendo il più leggeri possibile senza però perdere le forze, si dovrebbe raggiungere un’ottima forma. Per perseguire questo scopo ho constatato che è molto utile:
1) non far uso di carne di manzo o di maiale;
2) usare pochi alimenti zuccherati: la frutta è di gran lunga migliore;
E veniamo ora ad argomenti interessanti, come le droghe, il
sesso, l’alcool.
Per molto tempo mi sono domandato se fosse necessario condurre un’esistenza “pura”. Personalmente credo che, se fatte con moderazione, siano ben poche le cose veramente nocive e che talvolta, in una certa misura, esse possano persino essere utili. E comunque, molto difficile tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è necessario e ciò che è eccessivo.
Per quanto riguarda gli stupefacenti, ognuno deve scegliere la propria esatta quantità. In precedenza ho arrampicato sotto l’effetto della sola cocaina; la sua stimolazione mi ha fornito l’ispirazione per superare quell’orribile problema chiamato “Kiekegaard’s Leap of Faith” (il salto della fede di Kiekegaard), che altro non è che l’arrampicata del generatore di elettricità di Stanford. In ogni caso non vorrei raccomandare come pratica comune l’uso della droga. Facendo riferimento al sesso, direi che non sono né il partner dell’altro sesso, né l’atto in sé, che possono causare dei problemi, quanto piuttosto il tirar tardi la notte per causa loro. In ogni caso, però non c’è alcunché di vero nel “troppo sesso”. E’ una frottola! Anche l’ebbrezza alcolica è una questione da esaminare.
Mi ricordo che c’è stato un periodo in cui facevo le nottate e il giorno dopo ero in grado di arrampicare ugualmente bene; per alcuni il bere non sembra proprio essere un problema (vedi gli inglesi), ma molti altri sono costretti a pagarne il prezzo.
Ognuno dovrà pertanto agire di conseguenza. Attenzione anche alla caffeina: è nociva alla vostra routine di riposo.
Dieta: bisogna ingerire una gamma completa di proteine; ciò può venir fatto con una ricca e studiata cucina vegetariana o attraverso un supplemento proteinico al cibo. Personalmente credo che un supplemento proteinico sia più salutare, ma è possibile disporre anche di altri mezzi ugualmente efficaci.
Mi è stato chiesto se il sollevamento pesi sia un buon sistema di allenamento. Può esserlo se non si aumenta troppo di massa e se non ci si dimentica dell’importanza della forza delle dita e degli avambracci, che in ogni caso non può essere ottenuta spingendo dei pesi. Bisogna mettersi in testa che l’arrampicata non è mai una questione di forza di bicipiti: se però le vostre dita sono troppo deboli per artigliare degli appigli, allora non potete fare delle scalate. Greg Lowe, uno degli arrampicatori che negli anni sessanta faceva più colpo, metteva sempre in rilievo l’importanza di una stretta forte.
Vorrei ancora accennare che il buildering e l’allenamento possono essere molto di più che un mezzo per diventare buoni arrampicatori, possono essere una remunerativa e piacevole esperienza in sé. Una delle cose più simpatiche è che ci sono sempre dei muri per arrampicare e la creatività di ognuno può essere stimolata a determinare quanto la struttura edile venga usata per allenamento e quanto per divertimento. E’ molto conveniente allenarsi quando si è a scuola o al lavoro: è un buon sistema per svuotarsi la testa dalle preoccupazioni quotidiane e ci si dimentica di tutto quando si è allungati verso un appiglio al di fuori della nostra portata.
E poi la bellezza di tutto questo sta anche nel fatto che non si è costretti ad andare ad ogni costo in zona di scalata per gustare di quella libertà. Non bisogna comunque mai dimenticare che l’attività presa in esame dovrebbe sempre e comunque essere considerata come un momento di divertimento.
Per molto tempo mi sono domandato se fosse necessario condurre un’esistenza “pura”. Personalmente credo che, se fatte con moderazione, siano ben poche le cose veramente nocive e che talvolta, in una certa misura, esse possano persino essere utili. E comunque, molto difficile tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è necessario e ciò che è eccessivo.
Per quanto riguarda gli stupefacenti, ognuno deve scegliere la propria esatta quantità. In precedenza ho arrampicato sotto l’effetto della sola cocaina; la sua stimolazione mi ha fornito l’ispirazione per superare quell’orribile problema chiamato “Kiekegaard’s Leap of Faith” (il salto della fede di Kiekegaard), che altro non è che l’arrampicata del generatore di elettricità di Stanford. In ogni caso non vorrei raccomandare come pratica comune l’uso della droga. Facendo riferimento al sesso, direi che non sono né il partner dell’altro sesso, né l’atto in sé, che possono causare dei problemi, quanto piuttosto il tirar tardi la notte per causa loro. In ogni caso, però non c’è alcunché di vero nel “troppo sesso”. E’ una frottola! Anche l’ebbrezza alcolica è una questione da esaminare.
Mi ricordo che c’è stato un periodo in cui facevo le nottate e il giorno dopo ero in grado di arrampicare ugualmente bene; per alcuni il bere non sembra proprio essere un problema (vedi gli inglesi), ma molti altri sono costretti a pagarne il prezzo.
Ognuno dovrà pertanto agire di conseguenza. Attenzione anche alla caffeina: è nociva alla vostra routine di riposo.
Dieta: bisogna ingerire una gamma completa di proteine; ciò può venir fatto con una ricca e studiata cucina vegetariana o attraverso un supplemento proteinico al cibo. Personalmente credo che un supplemento proteinico sia più salutare, ma è possibile disporre anche di altri mezzi ugualmente efficaci.
Mi è stato chiesto se il sollevamento pesi sia un buon sistema di allenamento. Può esserlo se non si aumenta troppo di massa e se non ci si dimentica dell’importanza della forza delle dita e degli avambracci, che in ogni caso non può essere ottenuta spingendo dei pesi. Bisogna mettersi in testa che l’arrampicata non è mai una questione di forza di bicipiti: se però le vostre dita sono troppo deboli per artigliare degli appigli, allora non potete fare delle scalate. Greg Lowe, uno degli arrampicatori che negli anni sessanta faceva più colpo, metteva sempre in rilievo l’importanza di una stretta forte.
Vorrei ancora accennare che il buildering e l’allenamento possono essere molto di più che un mezzo per diventare buoni arrampicatori, possono essere una remunerativa e piacevole esperienza in sé. Una delle cose più simpatiche è che ci sono sempre dei muri per arrampicare e la creatività di ognuno può essere stimolata a determinare quanto la struttura edile venga usata per allenamento e quanto per divertimento. E’ molto conveniente allenarsi quando si è a scuola o al lavoro: è un buon sistema per svuotarsi la testa dalle preoccupazioni quotidiane e ci si dimentica di tutto quando si è allungati verso un appiglio al di fuori della nostra portata.
E poi la bellezza di tutto questo sta anche nel fatto che non si è costretti ad andare ad ogni costo in zona di scalata per gustare di quella libertà. Non bisogna comunque mai dimenticare che l’attività presa in esame dovrebbe sempre e comunque essere considerata come un momento di divertimento.